domenica 31 gennaio 2010

Le matricole


Smettila di chiamarmi pivello , la miseria! Sono abbastanza vecchio per essere il tuo pidocchioso padre!”

Fare la “matricola”, secondo la tradizione italiana e veneta in particolare, è un rito spiritoso e gogliardico d'inizio di un percorso scolastico. Molti di noi sono incappati in questo spiacevole momento di nonnismo da parte di studenti intraprendenti e caratterialmente autoritari, iscritti all'ultimo anno scolastico. Essi si divertono solitamente a beffeggiare i “primini” sottoponendoli a vari scherzi, ridicolizzandoli pubblicamente al fine di testare la loro tenuta caratteriale futura, per evidenziare la capacità o meno di inserirsi in una scuola piuttosto che in un'altra. Spesso parlo con mio papà della sua gioventù e lui va molto fiero dei racconti della sua scuola, ossia l'istituto Rossi, dove matricolare studenti è una routine. I “nonni”, ossia gli studenti della quinta, erano organizzati benissimo. Si vestivano con un camice nero ed un berretto con frontino con la caratteristica di una punta lunga più di 30cm. Questo cappello portava i colori simbolo dell'istituto Rossi,nero e blu, ed era anche personalizzato a seconda del tipo d'indirizzo di studio: per la “meccanica” il capello portava sopra degli ingranaggi, per l'indirizzo di “telecomunicazione” una parabola in un ponteradio ed infine per “elettrotecnica” un mini traliccio dell'alta tensione. Si posizionavano all'uscita della Stazione, lungo Corso Palladio, Ponte degli Angeli e così vestiti giravano per la città di Vicenza alla ricerca di studenti a cui chiedevano se erano iscritti o meno al primo anno dell'istituto Rossi. Se la risposta era affermativa venivano matricolati, ovvero appendevano nei vestiti una specie di cartellino (assomigliava ad un patentino) dove i nonni scrivevano la matricola (nome,cognome e classe d'iscrizione). Con questa matricola se venivano di nuovo fermati lungo la città dai “vecchi” erano salvi. Ai matricolati venivano chiesti anche soldi infatti le matricole potevano essere acquistate e questa era una micro fonte di reddito per gli studenti più grandi. La parte più divertente era vedere i “primini” cimentarsi in prove imbarazzanti quali ad esempio: cantare a squarciagola canzoni che inneggiavano i nonni, toccare la punta del cappello, cantare i canti di chiesa e far chiedere l'elemosina in autobus, scrivere con indelebili sul viso, giocare a tris sulla faccia e altri ancora di vario tipo.

Perchè biasimare questi fatti? Io penso che facciano parte di quella memoria d'inizio scuola che ognuno di noi conserva e ricorda con una felice malinconia.

Una cosa è certa: la matricola è una ruota che gira se ti capita da “pivello”, la farai ad altri quando sarai “nonno”.


Carolina Fanchin

venerdì 29 gennaio 2010

A proposito di regolamenti…



“Lui si spogliò tutto e restò in mutande, e io stavo là steso sul letto e accesi una sigaretta. Non era permesso fumare in dormitorio, ma la sera tardi potevi anche farlo, quando tutti dormivano, […]. Del resto, io fumavo per fare rabbia a Stradlater.”
[pag. 49 – 50]


I regolamenti scolastici a volte sono proprio strani… c’è scritto di tutto, ma proprio di tutto!
Partiamo dal regolamento del nostro liceo, il mitico Quadri (www.liceoquadri.it). Si può notare che secondo il paragrafo 6, comprendente ben sette articoli, noi studenti non possiamo usare, possedere o cedere sostanze psicotrope (droghe diciamo… che disturbano il sistema nervoso centrale). Cavolo, come se fossimo tutti spacciatori con la dose nascosta nel giubotto! Va bene mettere in chiaro le cose, ma certe volte si è un po’ esagerati... strano che non sia esplicitamente scritto che non possiamo venire a scuola con un bazooka sotto braccio!!!
I nostri amici giapponesi non se la passano molto meglio: in tutte le scuole i bambini-ragazzi-studenti ogni sabato mattina devono fare le pulizie (in quanto la figura del bidello non esiste), e devono farle anche bene, pena gravi punizioni! Inoltre, sbirciando ancora un po’, si può osservare che tali regolamenti sono molto puntigliosi anche per quel che riguarda l’abbigliamento scolastico: dalla cravatta alle mutande (sul serio, anche l’abbigliamento intimo…!!!) tutto è rigorosamente e precisamente prescritto.
Spostiamoci ora negli Stati Uniti. Grazie al nostro amico Holden sappiamo che già negli anni ‘50 non era possibile fumare dentro i college senza andare contro il regolamento. Poi c’è sempre chi non le rispetta: ricordiamoci che le regole sono fatte per essere infrante! A parte gli scherzi, a volte qualche strappo lo si fa ugualmente, anche se ben consapevoli della pena cui si può andare incontro. Il nostro protagonista, infatti, la sua cicchetta se la fuma lo stesso: poteva essere severamente punito, ma tanto non gliene importava nulla perché se ne sarebbe andato la stessa sera…
Di regolamenti ce ne sarebbero ancora tanti, ma le mie 2000 battute purtroppo sono finite. Prima però un suggerimento a tutti gli studenti: per sicurezza date una letta anche al vostro regolamento, giusto per curiosità, non si sa mai; prevenire è meglio che curare!

Matteo Zoppello

venerdì 22 gennaio 2010

La convivenza tra studenti



...- Io i denti me li lavo. Senti che storie!
- No che non te li lavi. Ti ho visto e non te li lavi - ...

Nel romanzo “Il giovane Holden” emerge molto l'aspetto della convivenza tra ragazzi: difficoltà di ogni giorno ma anche piccole cose che spesso diventano fonte di discussione.
I ragazzi litigano perché il compagno di stanza si taglia le unghie lasciandole cadere nel pavimento, per la mancanza di pulizia dei denti di uno, per il disordine dell'altro: aspetti del carattere e del comportamento quotidiano di persone che magari ci sono anche amiche ma che, convivendoci, diventano insopportabili. Ciò che per uno può sembrare normale e corretto, per l'altro può essere estremamente strano e sbagliato. A volte si tratta davvero di piccolezze che innescano tra i “conviventi” liti furibonde che, poi risolte considerando che molto spesso si è costretti a questa situazione di comunione nella vita di tutti i giorni.
Holden, protagonista del romanzo, ha diversi diverbi con i suoi compagni di stanza che, dopo tanto tempo, è riuscito anche a capire. “Non poteva soffrire Stradlater, e non entrava mai nella stanza se c'era lui. Non poteva soffrire nessuno o giù di lì. Toccava sempre la tua roba e la guardava. Ragazzi, certe volte ti faceva proprio venire i nervi.” Queste sono le parole con cui Holden, in un primo momento, definisce Achley. Con lui avrà delle discussioni anche per questioni igieniche dato che egli è solito tagliarsi le unghie lasciandole cadere nel pavimento e non è molto portato a lavarsi i denti, cosa che al protagonista fa molto schifo.
In altre situazioni la convivenza assume anche aspetti positivi, ad esempio quando Holden presta il suo cappotto a Stradlater (nonostante sia consapevole del fatto che gli ritornerà allargato) oppure quando presta la sua forbice da unghie ad Achley.
Aspetti positivi e negativi che si intrecciano in una realtà quotidiana in cui i giovani molto spesso si trovano a vivere insieme.


Alessia Zaroccolo

L'AMBIENTE DEI COLLEGE AMERICANI



“[…] L’Istituto Pencey è quella scuola che sta ad Agerstown in Pennsylvania. Probabile che abbiate visto gli annunci pubblicitari se non altro. Si fanno la pubblicità su un migliaio di riviste, e c’è sempre un tipo gagliardo a cavallo che salta una siepe. […]” pag.4

All’inizio del racconto il protagonista Holden Caulfield racconta della sua partenza dall’Istituto Pencey. Nei primi capitoli ne vengono citati anche altri tre (Saxon Hall, Whooton ed Elkton Hills); tutti questi, Pencey compreso, sono college che non esistono nella realtà.
Sebbene “università” e “college” vengano usati spesso come sinonimi, il secondo sarebbe solo la struttura che offre agli studenti le varie discipline di studio, mentre la prima, oltre a comprendere il college, ha anche delle scuole di specializzazione o di carattere puramente professionale per i laureati e degli alloggi per gli studenti iscritti.
Ogni università ha poi il suo campus, ovvero una cittadella universitaria spesso immersa nel verde dove abitano solamente studenti e persone che lavorano all'interno dell’istituto.
Ai college vi è un vero e proprio processo di specializzazione: è lo studente che sceglie la maggior parte delle materie da studiare. Con questo metodo, però, spesso si tende a tralasciare le materie umanistiche per avere una preparazione più “pratica”. Generalmente si seguono cinque corsi di tre ore a settimana ogni semestre e dopo quattro anni si ottiene il diploma universitario (bachelor’s degree), mentre con altri due o tre anni si può ottenere anche un master o un dottorato (PhD).
Molte delle università (come Harvard, Stanford, Yale, Columbia…) sono privatizzate; sono più costose, con picchi di 35-40 mila dollari all’anno di iscrizione, ma offrono un insegnamento eccellente. Quelle pubbliche (tranne un paio di eccezioni come Berkeley e Los Angeles) sono sì più abbordabili parlando di costi, ma il livello culturale che vi si può raggiungere è nettamente inferiore.
Rilevante è l’importanza che viene data anche allo sport: ogni college ha impianti sportivi curatissimi, vengono praticati prevalentemente football, basket, baseball, atletica leggera, nuoto, ma anche vela, golf, squash e tanti altri. Per alcuni di questi vi è anche un campionato universitario che per molti studenti dotati è un’ottima opportunità per mettersi in mostra. Ricordiamo poi per le ragazze la figura della cheerleader, che in Italia e altri paesi non esiste.
Infine a caratterizzare la vita dei campus vi sono anche le confraternite: associazioni di studenti che animano giornate e serate organizzando attività ricreative e grandissime feste!

Se vuoi approfondire le conoscenze sui college americani, scarica questo documento (clicca sul bottone rosso per iniziare il download):


L'ambiente dei college americani


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Luca Mattarolo

domenica 17 gennaio 2010

60 anni e non li dimostra !



Sono passati quasi 60 da quel 1951 quando J.D Salinger ha scritto un libro destinato a vendere milioni e milioni di copie, tradotto in decine di lingue e divenuto inseparabile compagno di almeno 5 generazioni di ragazzi e ragazze. Si chiamava "The Catcher in the Rye", ma in italiano la traduzione non trova un accordo e diventa più semplicemente "Il giovane Holden".
Romanzo di formazione particolarmente amato dagli adolescenti ma non solo, stando ai dati di vendita che confermano essere un libro ancora vendutissimo ai nostalgici che hanno abbondantemente superato i 50 anni.
La lettura di questo romanzo è una tappa obbligata e noi non potevamo fare a meno di adeguarci. Siamo negli stati Uniti, fine anni 40, e Holden Caulfield è un adolescente disinteressato allo studio ma tutt'altro che stupido. Espulso per l' ennesima volta da una scuola della tipica atmosfera New England, affronta un breve viaggio per tornarsene a New York per le vacanze di Natale, incontrando vari tipi umani e riflettendo non troppo manifestatamente sulla sua condizione.
Un ragazzo diverso dalla norma, uno che preferisce la riflessione all'azione, un filosofo ante litteram che prende un po' troppo alla lettera la lezione di Seneca sul mondo degli affacendati. Tra compagni di stanza puzzoni e insegnanti al servizio del padrone, tra giovani prostitute e una famiglia piuttosto complicata, Holden insegna che anche un giovane,un adolescente, può avere qualcosa da dire.
E noi lo ascolteremo, e cerheremo di dialogare con lui e su di lui, per almeno un paio di mesi.


Simone Ariot